Non so se avete notato un particolare annuncio uscito sul Corriere della Sera di due giorni fa. Mi ha colpito la sua peculiarità, poiché a tutta pagina vi era un appello alla preghiera: non la preghiera normale ma una per un malato, ma anche per tutti i malati
In sintesi l'annuncio è questo: una persona lancia quest'appello a favore della moglie malata di cancro senza speranza di guarigione. Non vuole soldi, specifica subito, ma chiede l'aiuto degli altri per una preghiera di gruppo a favore della guarigione della moglie, ma anche per tutti i malati. Dato che ritiene che la preghiera di gruppo sia più efficace, chiede che tutti quelli che rispondono al suo appello preghino inseme dicendo un'Ave Maria stasera 13 gennaio alle ore 22.
Leggere quest'annuncio mi ha lasciato perplesso. Di sicuro traspare la profonda fede di quest'uomo, che si affida a Dio per i suoi affetti più cari, pronto ad accettarne la volontà in ogni caso. Contemporaneamente trovo molto strano un appello del genere, quasi fosse un richiamo alle persone per una sorta di rito magico. La preghiera è un colloquio ed una comunione con Dio, non una recita di una formuletta, e se è vero che dal punto di vista di rito collettivo dobbiamo affidarci a un qualcosa di già confezionato come formula di preghiera, anche in questo caso deve prevalere la sostanza del rapporto con Dio rispetto all'aspetto della formula preconfezionata.
Io comunque ho deciso che stasera pregherò, sia per questa persona che per tutti i malati, non perché mi aspetto un miracolo, ma voglio essere vicino almeno spiritualmente a queste persone che stanno soffrendo. Ed invito chi mi legge, se credente, non importa di quale religione, a fare altrettanto. Perché insieme, con la preghiera e con le azioni, possiamo riuscire a fare qualcosa per gli altri.
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