Sull'ultimo numero di Wired campeggia in copertina il richiamo ad un articolo sulla Pop Economy. Nell'articolo si sviscera la tendenza in corso tra i giovani ad uno stile di vita che va cambiando, in base al fatto che non hanno una certezza ed una disponibilità economica rilevante. Questo porta, secondo l'autrice dell'articolo, a fargli adottare un nuovo tipo di economia, definita economia partecipativa, in cui le persone condividono quello di cui hanno bisogno, risparmiando e portando avanti comportamenti virtuosi. Tanti gli esempi citati: invece di comprare un'auto usare il car sharing (od il bike sharing messo a disposizione da enti pubblici), prestarsi gli utensili di cui abbiamo bisogno, noleggiare le cose che ci servono saltuariamente (come vestiti eleganti o l'automobile), scambiare quello di cui non abbiamo più bisogno, ecc. ecc... I giovani di oggi, (chiamati millenium) grazie al web 2.0 e alla dematerializzazione dei beni, starebbero rivoluzionando l'economia dal basso, cercando sopratutto la soddisfazione dei propri bisogni e non il possesso di beni o prodotti.
Al di la di alcuni errori anche madornali negli esempi (Linux viene definito come "un sistema di software creato attraverso lo scambio di programmi su internet", sigh), mi sembra che l'autrice dell'articolo stia scoprendo l'acqua calda (o, come si dice dalle mie parti, il buo alla conca ;-) ). Questo modo di fare, collaborativo, di sostegno agli altri e meno consumistico è quanto già fanno le persone da sempre. Pensiamo ai nosti nonni e bisnonni, in una società differente da quella attuale, raggruppati in nuclei familiari più grandi dei nostri si aiutavano a vicenda e si scambiavano gli oggetti di cui avevano bisogno in maniera non continuativa, tra di loro e con i vicini (es. abiti piccoli e attrezzi). Ma è sempre usato, tra giovani e meno giovani, uno scambio di oggetti e favori reciproci. Chi non è mai andato in viaggio ospite di qualche parente od amico? E gli abiti dei bambini, una volta che non stavano più perché erano cresciuti, si davano o regalavano a parenti od amici con figli più piccoli dei nostri per poterli usare fino in fondo. Questo non lo fanno solo i cosiddetti "millenium", ma lo facciamo noi tutti, lo facevano i nostri genitori e si faceva ancora prima. Di esempi simili ne possiamo trovare a bizzeffe, e se la cosa sembrava diminuita era solo per una maggior visibilità della spinta consumistica, o delle condizioni di vita meno socialmente partecipative che si hanno nelle grandi città. Ma nei piccoli centri questa economia di solidarietà è sempre stata presente.
Cosa c'è allora di nuovo in questa "Pop Economy"? A mio giudizio molto poco. L'unica vera novità che si può notare è la globalizzazione di questo modo di fare resa possibile da internet e dalla sua facilità di mettere in contatto le persone con gli stessi interessi e bisogni. Ma in realtà è solo una forma nuova del passaparola che si faceva (e si fa tuttora) nei paesi e nei quartieri delle piccole città. Ed in fondo questo è ciò che davvero ci permette internet: portare su di una scala globale le dinamiche di relazione di una piccola comunità, favorendo il dialogo con gli altri. Che ne dite?
Al di la di alcuni errori anche madornali negli esempi (Linux viene definito come "un sistema di software creato attraverso lo scambio di programmi su internet", sigh), mi sembra che l'autrice dell'articolo stia scoprendo l'acqua calda (o, come si dice dalle mie parti, il buo alla conca ;-) ). Questo modo di fare, collaborativo, di sostegno agli altri e meno consumistico è quanto già fanno le persone da sempre. Pensiamo ai nosti nonni e bisnonni, in una società differente da quella attuale, raggruppati in nuclei familiari più grandi dei nostri si aiutavano a vicenda e si scambiavano gli oggetti di cui avevano bisogno in maniera non continuativa, tra di loro e con i vicini (es. abiti piccoli e attrezzi). Ma è sempre usato, tra giovani e meno giovani, uno scambio di oggetti e favori reciproci. Chi non è mai andato in viaggio ospite di qualche parente od amico? E gli abiti dei bambini, una volta che non stavano più perché erano cresciuti, si davano o regalavano a parenti od amici con figli più piccoli dei nostri per poterli usare fino in fondo. Questo non lo fanno solo i cosiddetti "millenium", ma lo facciamo noi tutti, lo facevano i nostri genitori e si faceva ancora prima. Di esempi simili ne possiamo trovare a bizzeffe, e se la cosa sembrava diminuita era solo per una maggior visibilità della spinta consumistica, o delle condizioni di vita meno socialmente partecipative che si hanno nelle grandi città. Ma nei piccoli centri questa economia di solidarietà è sempre stata presente.
Cosa c'è allora di nuovo in questa "Pop Economy"? A mio giudizio molto poco. L'unica vera novità che si può notare è la globalizzazione di questo modo di fare resa possibile da internet e dalla sua facilità di mettere in contatto le persone con gli stessi interessi e bisogni. Ma in realtà è solo una forma nuova del passaparola che si faceva (e si fa tuttora) nei paesi e nei quartieri delle piccole città. Ed in fondo questo è ciò che davvero ci permette internet: portare su di una scala globale le dinamiche di relazione di una piccola comunità, favorendo il dialogo con gli altri. Che ne dite?
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