Chi mi legge su questo blog sa che non faccio mistero del mio essere cristiano e dell'ideale che porto avanti nella vita. Tra le mie passioni, sin da giovane,c'è sempre stata quella dell'informatica, che negli anni più spensierati dell'università mi ha portato a essere nella sfera d'influenza della cultura Hacker, cioè di quelle persone che tramite il computer (ma non solo) si impegnano per risolvere le difficoltà che gli si pongono dinanzi e trovare soluzioni creative e di pensiero laterale ai problemi ed alle limitazioni imposte. Personalmente non ho mai trovato incongruente l'essere contemporaneamente cristiano e "smanettone", poiché le ho sempre trovate due filosofie di vita per certi versi molto simili e convergenti tra di loro. Adesso questo tema è stato esaminato ed approfondito da un padre gesuita, Antonio Spadaro, in un articolo pubblicato su "Civiltà Cattolica", ripreso da molti siti, blog e giornali on-line, e che ha portato un forte dibattito (al quale ho partecipato).
Cosa afferma padre Spadaro nel suo articolo? Partendo da una (finalmente) corretta definizione di Hacker (che non è il pirata informatico che molti credono), e tramite un rapido riepilogo storico del movimento, arriva a delineare l'etica dei questo gruppo di persone, trovando effettivamente molti punti di contatto con quella cristiana. In particolare, tra i principi della filosofia Hacker, sono condivisi con la visione cristiana la condivisione (delle informazioni, ma non solo), il cambiamento verso il meglio, la ricerca e la soluzione delle problemi che ci si pongono dinanzi, ecc...
Il maggiore punto di differenza tra le due visioni è probabilmente la sfiducia verso un'autorità centralizzata e la de-gerarchizzazione della conoscenza propugnata dalla cultura Hacker, vista a volte come opposizione anche ad una visione religiosa della vita (erroneamente, poiché alcuni personaggi fondamentali della filosofia Hacker si dichiarano religiosi, come Tom Pittman). Il famoso saggio "La cattedrale ed il bazar" di E.S.Raymond, spesso visto come una metafora antireligiosa, in realtà ad un esame non superficiale appare solo come una magnificazione del modello di sviluppo software collaborativo. Padre Spadaro nel suo saggio mette in evidenza la vera differenza tra le due visioni: per gli Hacker lo scambio collaborativo è di tipo orizzontale, tra pari, mentre per la visione cristiana la rivelazione si ha come dono gratuito di Dio, cioè un passaggio dal grande al piccolo. Ciò però, a mio avviso, non implica una contrapposizione tra le due etiche: entrambe le modalità sono da approvare, nei loro relativi contesti. Molto bella è una considerazione che ho trovato nel saggio, che avvicina le due filosofie: "Himanen a questo punto si pone una domanda che scopre in sant’Agostino: «Perché Dio aveva creato il mondo?». E prosegue: «Possiamo dire che la risposta degli hacker alla domanda di Agostino è che Dio, in quanto essere perfetto, non aveva bisogno di fare assolutamente nulla, ma voleva creare» 29. Nel racconto dell’azione creatrice libera e indeducibile di Dio l’hacker trova l’immagine della propria esistenza". In pratica è la creatività libera ed incondizionata che avvicina le due visioni.
Io, che in passato sono stato Hacker e che sono Cristiano mi ritrovo in entrambe le visioni di vita, e non trovo incongruenze tra le due. E penso che un dialogo ed un incontro tra queste culture possa portare solamente dei
benefici ad entrambe.
Cosa afferma padre Spadaro nel suo articolo? Partendo da una (finalmente) corretta definizione di Hacker (che non è il pirata informatico che molti credono), e tramite un rapido riepilogo storico del movimento, arriva a delineare l'etica dei questo gruppo di persone, trovando effettivamente molti punti di contatto con quella cristiana. In particolare, tra i principi della filosofia Hacker, sono condivisi con la visione cristiana la condivisione (delle informazioni, ma non solo), il cambiamento verso il meglio, la ricerca e la soluzione delle problemi che ci si pongono dinanzi, ecc...
Il maggiore punto di differenza tra le due visioni è probabilmente la sfiducia verso un'autorità centralizzata e la de-gerarchizzazione della conoscenza propugnata dalla cultura Hacker, vista a volte come opposizione anche ad una visione religiosa della vita (erroneamente, poiché alcuni personaggi fondamentali della filosofia Hacker si dichiarano religiosi, come Tom Pittman). Il famoso saggio "La cattedrale ed il bazar" di E.S.Raymond, spesso visto come una metafora antireligiosa, in realtà ad un esame non superficiale appare solo come una magnificazione del modello di sviluppo software collaborativo. Padre Spadaro nel suo saggio mette in evidenza la vera differenza tra le due visioni: per gli Hacker lo scambio collaborativo è di tipo orizzontale, tra pari, mentre per la visione cristiana la rivelazione si ha come dono gratuito di Dio, cioè un passaggio dal grande al piccolo. Ciò però, a mio avviso, non implica una contrapposizione tra le due etiche: entrambe le modalità sono da approvare, nei loro relativi contesti. Molto bella è una considerazione che ho trovato nel saggio, che avvicina le due filosofie: "Himanen a questo punto si pone una domanda che scopre in sant’Agostino: «Perché Dio aveva creato il mondo?». E prosegue: «Possiamo dire che la risposta degli hacker alla domanda di Agostino è che Dio, in quanto essere perfetto, non aveva bisogno di fare assolutamente nulla, ma voleva creare» 29. Nel racconto dell’azione creatrice libera e indeducibile di Dio l’hacker trova l’immagine della propria esistenza". In pratica è la creatività libera ed incondizionata che avvicina le due visioni.
Io, che in passato sono stato Hacker e che sono Cristiano mi ritrovo in entrambe le visioni di vita, e non trovo incongruenze tra le due. E penso che un dialogo ed un incontro tra queste culture possa portare solamente dei
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